mercoledì 25 marzo 2015

Il deserto dei Tartari



“Il deserto dei Tartari” narra la vicenda del tenente Giovanni Drogo che viene inviato alla fortezza Bastiani, un avamposto al limite del deserto, presunto punto strategico per l’attacco nemico. La vita in questo ambiente scorre monotona, tutti i giorni sembrano essere uguali, i personaggi eseguono sempre le stesse azioni, quasi come fossero delle macchine, nella speranza che qualcosa accada e che segni un punto di svolta in quell’attesa estenuante. Il protagonista, trovatosi alla fortezza per una decisione impostagli dall’esterno (ritorna il motivo della fatalità), inizialmente si sente oppresso e al di fuori del mondo reale e vorrebbe perciò ottenere il trasferimento, in seguito però decide di restare, è attratto dal fascino misterioso della fortezza e del paesaggio circostante, fatto di montagne e valli; a nord della fortezza si trova un’ampia distesa di terra secca e pietre, il “deserto dei Tartari”, la quale, secondo la leggenda, è luogo di passaggio dei Tartari; da questo luogo Giovanni attende l’arrivo del nemico, credendo di poter raggiungere la gloria con la guerra. Soltanto una volta, dopo quattro anni di permanenza, Drogo ha il desiderio di tornare in città, ma per motivi burocratici non riesce ad ottenere il trasferimento in un altro avamposto; da un lato però si sente sollevato perché  in città non si è mai sentito felice, inoltre adesso molti suoi amici se ne sono andati, la sua casa gli sembra vuota, si sente profondamente solo. Così trascorre tutta l’esistenza alla fortezza; a cinquant’anni Drogo si sente ancora giovane, crede di aver tutta la vita d’avanti per ottenere ciò che vuole, invece dopo non molto capisce di essersi ammalato e di aver poco tempo a disposizione, il quale sembra scorrere molto più velocemente rispetto agli anni passati delle giovinezza (“Il buono era indietro, molto indietro e lui ci è passato avanti senza sapere). Proprio quando arrivano finalmente i nemici, Drogo è mandato in città per curarsi; muore così sulla strada del ritorno, in una locanda, in solitudine: la morte si configura come la grande occasione, come un’impresa ancora più valorosa della guerra e che lui è capace di affrontare con molto coraggio; così finalmente riesce a riscattarsi dalle ingiustizie, dai patimenti e dai desideri infranti (“Coraggio Drogo, questa è l’ultima carta, va’ incontro alla morte da soldato e che la tua esistenza sbagliata almeno finisca bene. Vendicati della sorte, nessuno canterà le tue lodi, nessuno ti chiamerà eroe o alcunché di simile, ma proprio per questo vale la pena. Varca con piede fermo il limite dell’ombra diritto come a una parata, e sorridi anche, se ci riesci").
“Il deserto dei Tartari” è una riflessione sulla condizione dell’individuo, influenzata anche dall’atmosfera cupa e tesa di quegli anni, nei quali domina il fascismo e lo scoppio della guerra è imminente. L’uomo trascorre tutta la vita con l’illusione che possa accadere qualcosa di eccezionale che dia un senso all’esistenza; troppo tardi si accorge di aver sprecato tutto il tempo inutilmente, senza agire in concreto per ottenere un cambiamento; soltanto una morte dignitosa e affrontata con coraggio può a questo punto riscattare dal fallimento.
Oltre al tema della sconfitta, della morte, dell’angoscia e del sogno, ritorna il tema della montagna, in contrapposizione alla città; la prima è vista come un luogo affascinante e misterioso, la seconda invece insignificante e insoddisfacente (“Egli continuava a ripetersi che questo era un avvenimento lieto, che in città lo aspettava una vita facile, divertente e forse felice, eppure non era contento”). La fortezza rappresenta dunque un’alternativa alla banalità della città, anche se la vita all’interno dell’edificio è molto dura: tutto è regolato da leggi burocratiche e gerarchiche, perfino i rapporti interpersonali sembrano obbedire a esse. Il deserto rappresenta il vuoto interiore e il fallimento delle aspettative; il circolo logico che si realizza ad esempio ne “Il segreto del Bosco Vecchio” qui non è presente, anzi si crea l’assurdo: il protagonista subisce una condanna senza avere nessuna colpa; l’unico modo per riscattarsi e purificarsi è raggiungere la morte. Il personaggio non riesce infatti a liberarsi da questa condizione, a capire la realtà e a superare le barriere della fortezza.Il linguaggio utilizzato non è innovativo come i contenuti, è descrittivo-naturalistico e si distanzia da quello tipico del Surrealismo. E’ presente principalmente una sintassi coordinativa, con tratti di discorso indiretto libero.



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